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Mercoledì 30 Luglio 2003
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"Un'Europa unita per un mondo multipolare"
"L'impegno dell'Italia e dell'Umbria"    sevvsv

di Alberto Stramaccioni

Invitato a scrivere sull'esperienza parlamentare che si va realizzando in questa XIV legislatura ritengo utile intervenire, proprio in una rivista a carattere regionale, su come l'Assemblea di Montecitorio ha affrontato ed intende affrontare le grandi questioni della politica europea e quindi anche del rapporto tra l'Italia, le sue regioni e la dimensione europea. Non tanto perché si intende andare al superamento della dimensione nazionale e del ruolo degli Stati-Nazione, (anzi sembrano sempre più forti le spinte "neonazionalistiche" più di quelle tendenti ad un'Unione Europea vera e propria) ma pur in questo quadro la vita economica, sociale e culturale della nostra regione è stata e sarà sempre di più influenzata, in positivo e in negativo, dalle scelte e dalle politiche europee. Questo già avviene e avverrà in relazione al finanziamento agricolo e della tabacchicoltura, al sostegno allo sviluppo nelle aree depresse, alla innovazione culturale e tecnologica in importanti settori produttivi, fino ai fondi per la ricostruzione del terremoto. E' quindi a Bruxelles e a Strasburgo che si prendono importanti decisioni anche per lo sviluppo dell'Umbria. </p>


<p align='justify'>Non è allora senza significato che proprio all'inizio della presidenza italiana nel semestre europeo si affrontino le questioni più rilevanti (discusse anche il 3 giugno alla Camera dei Deputati) in relazione al futuro dell'Unione a partire da quel fondamentale atto politico che è la definizione della Costituzione europea predisposta da un'apposita Convenzione (l'assemblea di centocinque deputati nazionali, europei rappresentanti dei governi incaricati di scrivere una bozza di Trattato costituzionale per il vecchio continente) . In questo quadro interpretando l'orientamento dell'insieme del parlamento italiano i suoi rappresentanti nella Convenzione Europea (Marco Follini e Valdo Spini per la Camera dei Deputati e Lamberto Dini e Filadelfio Basile per il Senato della Repubblica) hanno sostenuto che in un'Europa che passa a venticinque paesi membri dal maggio 2004 e di cui è previsto un ulteriore allargamento è necessario che nei diversi organismi intergovernativi, sulle materie di politica estera, politica economica si esprima un voto a maggioranza qualificata e solo in precisi, limitati e determinati casi all'unanimità. Inoltre, secondo i parlamentari italiani, nel testo della Costituzione non deve essere pregiudicata, e anzi espressamente prevista, ad una scadenza determinata, la possibilità di una Presidenza unica dell'Unione che assommi in sé la figura del Presidente del Consiglio europeo e del Presidente della Commissione. </p>
<p align='justify'>All'apparenza possono sembrare scelte scarsamente significative, ma al contrario sono questioni che rappresentano le fondamenta politico-istituzionali per dare una rappresentanza unica dell'Unione in grado di affermare una precisa fisionomia ed identità politica all'Europa, dopo aver realizzato l'unione monetaria. Non è quindi senza significato dare un contributo anche dall'Umbria alla discussione sui caratteri che dovrà avere la Costituzione per la cittadinanza europea di circa cinquecento milioni di persone che riprenderà il 15 ottobre a Roma da parte della Conferenza intergovernativa per concludersi entro tre mesi e poi procedere alla sua firma da parte di tutti e 25 i paesi europei prima della conclusione del semestre italiano della Presidenza europea iniziata proprio il 20 giugno scorso. Nei prossimi mesi si delineerà quindi il quadro della futura Europa e due prospettive dividono e contrappongono i protagonisti di questo confronto. Da una parte c'è chi vuole un'Europa autonoma ed indipendente in uno scenario mondiale multipolare, governata da un'istituzione europea, forte, autorevole e rappresentativa. Dall'altra c'è chi vuole invece un'Europa gestita dai governi nazionali molto spesso in conflitto tra esigenze della “vecchia e nuova Europa” invece che finirebbe con l'essere fortemente condizionata dall'egemonia Usa senza affermare la pari dignità tra Usa ed Europa, in un nuovo sistema mondiale multipolare. D'altronde il "nano politico militare europeo" oggi pesa sul terreno economico del pianeta quanto gli Stati Uniti. C'è quindi un'esigenza di un nuovo sistema mondiale dopo la crisi dell'Ottantanove e la fine della guerra fredda, anche e soprattutto proprio perché l'unipolarismo Usa in questi quasi quindici anni ha finito con l'aumentare conflitti ed ingiustizie che devono essere al più presto superate. </p>
<p align='justify'>Dietro queste schematiche valutazioni geopolitiche sullo scenario mondiale si scorgono però due visioni del ruolo dell'Europa che non si scontrano da oggi. Da sempre la Gran Bretagna propone in luogo di un'Europa politica, un grande mercato di libero scambio. I governi britannici (sia Tories che Labour) hanno favorito l'adesione dei Paesi Peco (Paesi dell'Europa centrale ed orientale) solo in questa ottica. Mercato non politica, moneta dominante il dollaro, non l'euro. All'opposto si auspica un allargamento politico a tutti i Paesi Peco per la costruzione di un'Europa con unico governo a Bruxelles. Questo è d'altronde il nodo dello scontro in atto tra il Presidente della Commissione (l'esecutivo dell'UE) Romano Prodi, ed il Presidente della Convenzione Valery Giscard d'Estaing. Il presidente della Commissione, ha cercato, invano, un compromesso con i britannici. C'è il rischio quindi che secondo il testo ancora in discussione della Costituzione europea, l'Esecutivo sarà posto sotto tutela dei governi nazionali rompendo così il metodo comunitario da sempre motore dell'integrazione europea. Questo metodo ha il suo cuore nella (relativa) autonomia della Commissione dei governi nazionali. Gli elementi di scontro si possono, infatti, riassumere in uno solo: chi e come governerà l'Unione: un governo europeo espresso dalla fiducia del Parlamento o i governi nazionali, i quali a loro volta legifereranno a maggioranza o all'unanimità sulle questioni fondamentali? </p>
<p align='justify'>La risposta dovrebbe dunque trovarsi in un'Europa politica federale in un mondo progressivamente multipolare. Ma questo orientamento viene vivacemente avversato da chi sostiene il mantenimento dell'unanimità per le decisioni del Consiglio, e cioè del potere di veto, per qualsiasi Stato membro, proprio sulle materie fondamentali e tutto ciò non viene nemmeno più dissimulato da parte dei governi come quello laburista britannico che subisce, sulla difensiva, la pressione mistificatoria dell'opposizione conservatrice e della stampa di destra. Perfino un blando uso del termine “federale”, riferito alla gestione delle competenze proprio dell'Unione, si è sacrificato alle fobie e alle pressioni britanniche. Si tende a colpire o ridimensionare drasticamente il ruolo di quella «istituzione indipendente da governi» (all'inizio, l'Alta autorità per il carbone e l'acciaio, dal 1957 la Commissione) che ha rappresentato la decisiva novità e il motore dell'integrazione europea. Di fronte alla riproposizione di una “Europa degli Stati” (o dei governi), si ripropone l'approccio intergovernativo in quanto tale come soluzione debole che conduce alla politica del più basso comun denominatore. Come le vicende degli ultimi anni e dei mesi scorsi hanno dimostrato in special modo per la politica estera e di sicurezza comune. Se non ci sarà un'unica voce dell'Europa sulla politica estera e un esercito europeo in grado di intervenire, sia pure come forza di pace nei diversi conflitti mondiali, non ci sarà un vero ruolo dell'Europa. Naturalmente tutto ciò sarebbe destinato a modificare ruolo e politica dell'insieme dei paesi europei, ma questa prospettiva appare sempre di più come la strada obbligata da perseguire se si vuole esercitare un ruolo in e per un sistema mondiale realmente multipolare. Per questa prospettiva oggi più che mai appare utile e necessario il modello federale che ha la sua genesi nel "Mani festo di Ventotene", messo a punto nel 1944 da Ernesto Rossi ed Altiero Spinelli ed ispiratore poi dell'opera dei padri fon datori di quel tanto di Europa che oggi esiste. </p>
<p align='justify'>D'altronde i veri europeisti non possono che opporsi a comportamenti emblematici come quelli espressi dal premier inglese Tony Blair nel suo recente discorso a Varsavia dove ha usato il lin guaggio dell'estrema franchezza: "Politica estera e della difesa rimangono ai g overni e soggette all' unanimità, e per questo dire che il Regno Unito o la Polonia non potrebbero in futuro sostenere un'azione militare in Iraq senza il permesso dell'Europa, è completamente falso". Il recente caso della g uerra iraquena funziona quindi come cartina di torna sole. Secondo il teorema dello statista inglese, una decisione adottata a maggioranza in analoghi frangenti sancirebbe la fine dello Stato-nazione. E noi sostiene ancora Blair: "Vogliamo un'Europa delle nazioni, non un superstato federale". Questa è nella realtà la scelta finora prevalsa, giacché la sindrome da "grand nation" della Francia di Chirac e di Giscard d'Estaing che vuole avere le mani libere con gli Usa ma prevalere anche in Europa) è pienamente con corde con il governo di Londra, mentre la Germania si dimostra finora sostanzialmente acquiescente. Per questa via nei fatti si tende quindi ad archiviare il modello federale, imperniato se non sulla negazione sul superamento dello stato-nazione, l'Europa potrebbe divenire sempre di più una confederazione di Stati sovrani, impegnati soltanto a ricercare una cooperazione intergovernativa all'insegna dell'unanimità. Poco più di un'area di libero scambio, di cui può far subito parte, secondo la proposta di Berlusconi, anche la Russia. </p>
<p align='justify'>Se questa è la via verso la "nuova Europa", con la benedizione degli Usa, che agiscono secondo l'antico principio del <em>divide et impera </em>(l'azione volta a costruire un rapporto di vassallaggio con gli stati ex comunisti dell'Europa centro-orientale è fin troppo scoperta), gli europeisti devono dare battaglia, per orientare, con la forza delle loro i idee, le opi nioni pubbliche dei paesi che costituiscono il nucleo fondamentale dell'Europa, Germania, Italia, Spagna, Francia e Inghilterra per aprire il dibat tito nelle grandi famiglie politiche euro pee, socialiste, popolari e liberal-democratiche. Solo un forte sussulto federalista può migliorare il testo della Costituzione. Si è appena in tempo per raddrizzare il timone della Convenzione e l'Italia deve fare la sua parte per la causa europeista, come nel passato in altri passaggi cruciali. </p>
<p align='justify'>Ma non sembra che questo governo e questo premier pur disponendo del semestre di presidenza sia in condizione di fare alcunché se non assecondare le spinte meno europeiste o antieuropeiste secondo gli indirizzi dell'amministrazione Usa. Spetta quindi in particolare alla Sinistra e al centrosinistra riaffermare un'idea antica e moderna dell'Europa come una componente autorevole unitaria e rappresentativa di un sistema politico-economico mondiale realmente multipolare che si batte, anche in virtù della sua storia, per ridurre conflitti, per la pace e la giustizia sociale, contro povertà e sottosviluppo. </p>
<p align='justify'>In questi mesi di confronto sul testo della Costituzione è quindi utile che dall'Italia e dall'Umbria si esprima una mobilitazione culturale e politica utile allo sviluppo stesso della regione per affermare un'idea dell'Europa come un'istituzione autonoma e unita in grado di esercitare un ruolo centrale nel governo dei processi di globalizzazione che sono in atto sull'intero pianeta e che potrebbero acuire le divisioni e le ingiustizie all'interno degli stessi paesi europei e tra i paesi ricchi e i paesi poveri, condannando questi ultimi al sottosviluppo e all'emarginazione, causa non ultima questa dell'accrescere dei fenomeni terroristici. </p>

 

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