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Domenica 16 Maggio 2004
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"Centrosinistra, cinque questioni per il futuro"    sver

di Alberto Stramaccioni

Il lungo e tormentato confronto nel centrosinistra, in vista delle elezioni comunali e provinciali, si è finalmente concluso e in modo positivo. 
La soddisfazione sta innanzitutto per l'esito a cui si è pervenuti e cioè alla riconferma di un'alleanza politico-elettorale molto larga e composita, che va dai Ds alla Margherita, dallo Sdi a Rifondazione, fino alle altre componenti della coalizione e che è in grado di ricandidarsi in modo rappresentativo e perciò affidabile a governare le città e le province dell'Umbria. 
Oggi è alla prova quindi una coalizione che in questi anni molto difficili per il governo locale (anche per responsabilità del centrodestra che è alla guida del Paese), ha saputo comunque mantenere alto il livello dei servizi e dello stato sociale, ha progettato e realizzato nuove opere pubbliche, salvaguardando l'ambiente e aumentando la vivibilità delle città.


Il confronto elettorale con il centrodestra è allora aperto anche in Umbria (nonostante la sindrome della sconfitta che sembra prevalere nell'alleanza berlusconiana) tra candidati sindaci, programmi e coalizioni alternative, in un tipo di competizioni in cui non c'è mai nulla di scontato, essendo le elezioni comunali quelle più insidiose per tutti, anche per una coalizione che esce da una positiva esperienza di governo. 
E' giusto quindi sottolineare che la coesione e l'unità raggiunta dal centrosinistra è la migliore condizione per l'esito favorevole di questa tornata elettorale, ma proprio per questo è anche doveroso riflettere sulle ragioni di un così lungo e conflittuale confronto che ha impegnato, e a tratti anche logorato, l'immagine della coalizione stessa. 
Naturalmente per ora è utile limitarci ad avanzare solo alcuni interrogativi in un quadro che nonostante tutto si è comunque chiuso positivamente. Per gli impegni futuri sarà però importante riflettere su almeno cinque questioni. 
1) Perché si è assistito a così tanta conflittualità se poi nella sostanza si è riconfermato lo stesso equilibrio politico-istituzionale tra le componenti della coalizione costruito e votato dagli elettori nel 1999-2000 e poi nei ruoli più rappresentativi ricoperti da sindaci e presidenti, si sono riproposti, sia pure giustamente e legittimamente, gli stessi candidati uscenti? 
2) Perché si è manifestata una diffusa indisponibilità ad un vero confronto programmatico, rischiando così di limitare l'autonomia politica dei partiti della coalizione, dalle forze sociali ed istituzionali nelle principali scelte di governo, non sempre orientate alla difesa dell'interesse generale delle comunità che si amministrano? 
3) Se campanilismi e territorialismi, per la verità sempre esistiti, hanno messo a così dura prova la tenuta e la stabilità della coalizione (anche e soprattutto ai tempi della lista unitaria di Prodi per le europee), non era forse utile lavorare con qualche mese di anticipo per prefigurare un nuovo e diverso assetto politico-istituzionale da concordare, tra tutte le forze della coalizione? 
4) E’ solo responsabilità delle leggi elettorali se non si è riusciti a presentare ai cittadini una nuova classe dirigente politico-amministrativa, o forse non è prevalso ancora una volta un certo conservatorismo ed una qualche autoreferenzialità dei partiti e del sistema politico, così da incentivare anche la nascita delle liste civiche? 
5) Non è opportuno che la coalizione si doti di regole, procedure e strumenti nuovi e certi per avere un'attività politica e programmatica non solo nei momenti elettorali e per esprimere poi la capacità di scegliere il più democraticamente possibile i propri rappresentanti da candidare nelle istituzioni? 
Cinque questioni sulle quali sarà utile ritornare dopo l’esito elettorale del 13 giugno e soprattutto in vista delle prossime elezioni regionali.

 

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